quarta-feira, 27 de outubro de 2010

Latino Cristiano

epigrafe funeraria di un "puer christianus" (408 d.C.)

Del latino cristiano esistono diverse categorie e sotto-categorie: l'ecclesiastico, suddiviso in sacrale, liturgico, biblico; il letterario; il popolare. Interessanti testimonianze sono ricavabili dagli atti ufficiali dei martiri e dalle passiones in forma narrativa. Ancora diversa è la lingua delle prediche. Spesso peculiare è la lingua monastica.




Lo studio del latino cristiano è cominciato nel XIX secolo ad opera del francese di origine italiana Ozanam e del tedesco Koffman. In Olanda, nella scuola di Nimega, con il prof. Joseph Schrijnen e l'allieva Christina Mohrmann, si sviluppò il concetto di latino cristiano come Sondersprache, “lingua speciale”, ossia lingua parlata da un gruppo di persone posto in speciali condizioni. Ci si riferisce a lingue speciali come a lingue tecniche, caratterizzate da due funzioni: 1)funzione caratterizzante (di tipo sociale, professionale, cronologico); 2) funzione di coesione del gruppo.


Anche la lingua della comunità cristiana deve svolgere entrambe queste funzioni:


1) Funzione caratterizzante. Il messaggio religioso del cristianesimo richiede ai suoi seguaci un cambio di vita radicale, che li separa dal resto della comunità: a proposito della conversione, S. Paolo parla di “καινότης ζοῆς”, “novitas vitae” (Epistola ai Romani), la conversione è “μεταμορφοῦσθαι”; nelle epistole di Barnaba si parla di “ἀναπλάσσειν”, “riplasmare”; ancora in S. Paolo (I epistola ai Corinzi) Adamo “homo vetus” contrapposto al novello Adamo Cristo, “homo novus”; in Aristide, apologeta dell'età di Adriano, vi è l'espressione “questo è davvero un popolo nuovo”.


2) Funzione di coesione del gruppo. Gli appartenenti a un gruppo sono portati a formulare dei moduli comportamentali omogenei: nella comunità cristiana, per di più, la stessa realtà delle persecuzioni conduceva allo sviluppo del senso di solidarietà. Inoltre i Cristiani avevano una forte coscienza di antagonismo nei confronti dei pagani come dei giudei: si definivano τρίτον γένος, tertium genus. In Celso, autore del III secolo di un Ἀληθὴς λόγος contro i Cristiani (a cui risponde Origene con il Contra Celsum) vi è l'uso del verbo ἀποτειχίζω: i Cristiani usano “ἀποτειχίζειν αὑτούς”, chiudersi all'interno di mura. In sostanza, per Celso, si arroccavano dentro le mura della comunità.






[E’ interessante notare come il greco cristiano subì modificazioni linguistiche molto minori del latino. In primo luogo esso aveva alle spalle il greco giudaico e poteva servirsene come di un serbatoio linguistico già affermato e sperimentato. In secondo luogo la lingua greca è più duttile di quella latina, è molto più pronta ad esprimere concetti nuovi senza subire cambiamenti profondi (si veda la grande capacità di creare neologismi e composti e di parlare per astrazioni).]






Il latino usato dai Cristiani era dunque parzialmente diverso da quello usato dagli altri. Si ebbe un rinnovamento sintattico e lessicale, ispirato sia al greco dei primi Cristiani sia ad usi propri del latino “basso”, popolare. I Cristiani erano coscienti della diversità del loro linguaggio: alla fine del Vangelo di Marco si legge “quelli che vorranno farsi Cristiani, mostreranno segni particolari”, tra cui la lingua: “linguis loquentur novis”. L'apologista Arnobio si rende conto che il testo sacro delle comunità cristiane provoca presso i pagani un senso di ripulsa, “trivialis et sordidus sermo est. Res vestrae barbarismi, solecismi, vitiorum deformitate pollunt”. Altra testimonianza del rifiuto da parte del saeculum della lingua cristiana è in Lattanzio: i profeti hanno parlato con “sermo communis ac simplex, ut populus”, un sermo che non trova credito presso i dotti (non c'è “fides”), i quali prediligono uno stile “politum et disertum”.


Se gli influssi greci nel latino cristiano sono facilmente spiegabili, il suo carattere “popolare” ha motivazioni più articolate.


1) Motivi di carattere ideologico. Il cristianesimo rivaluta la semplicità e la purezza di cuore rispetto alla sapienza e all’eloquenza. Un esempio in Matteo11:25: “Io ti rendo grazia, Padre Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapientes e ai prudentes di questo saeculum, ma le hai rivelate ai parvulοs”. In un capovolgimento totale, il sapiente e il filosofo, non costituiscono più dei modelli: addirittura, in 18:2, sono i bambini ad essere portati ad esempio. S. Paolo, nella I epistola ai Corinzi dice: “sono venuto per evangelizzare non in sapientia verbi ut non evacuetur crux Cristi”; “non sono venuto tra voi in sublimitate sermonis”; “la mia sapientia è nulla, io conosco solo Christum crucifixum”; “nessuno s'inganni se a qualcuno sembra di essere sapiente in questo saeculum: egli diventi stolto ut sit sapiens.” “la sapientia di questo mondo est stultitia apud Deum. Smaschererò i sapienti nella loro malizia - sta scritto”. Si verifica, dunque, un capovolgimento dei tradizionali parametri della παιδεία e l'accrescimento di importanza del contenuto rispetto alla forma. Agostino, De doctrina Cristiana: “In ipso sermone doctor Cristianus malit rebus placere quam verbis. Reputi che sia stato detto meglio quanto sia stato detto con la maggior veritas”; “Non doctor verbis serviat, sed docti verba”. Lattanzio sostiene che “Le cose divine sono state annunciate breviter ac nude”. [Ma talvolta il latino cristiano bada anche alla forma, nella misura in cui essa è funzionale alla retta esposizione del contenuto. Più volte Agostino ribadisce l'utilitarismo della lingua cristiana, che non deve mirare a delectare, ma a far prevalere l'aspetto del docere (De doctrina Cristiana); ma egli riconosce anche la necessità dell'eloquenza posta al servizio della verità.]


2) Motivi di carattere storico La motivazione più appariscente di ordine storico che conduce all'adozione del sermo vulgaris da parte dei Cristiani è costituita dall’umile estrazione sociale dei primi seguaci. Importanza fondamentale aveva il testo biblico con cui il cristiano era quotidianamente a contatto e di cui assimilava la lingua: le traduzioni latine, in origine, erano dovute ad anonimi che si impegnavano a rendere nel proprio stile linguistico, vulgaris, qualsiasi manoscritto capitasse loro sotto mano. Secondo S. Agostino, chiunque “ausus est interpretari”. Con il tempo le caratteristiche linguistiche di queste traduzioni non vennero sentite più come volgarismi e, anche attraverso un processo di nobilitazione e di sacralizzazione, divengono istituzionali. S. Agostino, p.es., nel De doctrina Cristiana, così commenta un'espressione della Vetus, in cui floriet compariva come futuro al posto di florebit: “Certo un editore più esperto preferirebbe la correzione di questo termine e niente impedirebbe la correzione, nisi consuetudo”.










SINTASSI






L'influsso principale è greco, oppure ebraico, mediato dal greco. In genere l'innovazione consiste nel potenziamento di certe tendenze represse, nella rivalutazione di ciò che era più o meno in disuso.










1) Ebraismi (mediati dal greco)






• genitivo di qualita' al posto dell'aggettivo: odor suavitatis in luogo di odor suavis; opus iniquitatis in luogo di opus iniquum; terra promissionis in luogo di terra promessa. Il costrutto è già in Apuleio


• genitivo intensivo o elativo: saecula saeculorum; vanitas vanitatum; canticum canticorum.


• pleonasmi: praedixit dicens. Sono frequenti nella Bibbia.


• figure etimologiche: gaudens gaudebo; videntes videmus. Già presente nel genitivo intensivo la figura etimologica era patrimonio del latino pagano, con l'accusativo dell'oggetto interno (vivere vitam) e con l'ablativo interno (censu censere).


• quia con valore asseverativo: vivit Dominus quia dove quia = veramente.


• costrutti di tipo preposizionale


Si rientra nell'ambito del sermo vulgaris: il latino parlato tendeva a rafforzare il significato con preposizioni secondo un uso di stampo greco su base ebraica. Si può parlare in questo caso di coincidenza fra volgarismo e arcaismo.


• in + ablativo strumentale: glaudium sumere in manu (Cipriano); eicere demonia in nomine Dei. Era un uso tipico del latino parlato e lo diventa anche nel latino tardo quando la soppressione dei casi obbliga all'uso della preposizione; il latino avrebbe usato l'ablativo semplice, tranne nel caso in cui vi era espressa l'idea di luogo: ad es. laetor in o delector in.


• in + ablativo sociativo: venire in carne; venire in maiestate; venire in caritate.


• in + accusativo predicativo: lignum vobis erit in aescam; venire in servos. Indica un processo di evoluzione.


• super + accusativo in funzione comparativa: desiderabilia super aurum. Anche dopo comparativo: dulciora super mel.


• super con verbi di sentimento: admirari super; irasci super.


• ab + ablativo di comparazione: maior ab angelis. Nella vetus latina si trova anche dopo aggettivi di grado positivo: fulvi oculi a vino. L'ablativo come secondo termine di paragone nasce come ablativo di separazione: possiede quindi una certa predisposizione per il nuovo costrutto, anche sotto la spinta della forma greca con ἀπό.






2) Grecismi






• genitivo di comparazione: maior illo o maior quam ille diventa maior illius. Si trova anche prima degli scrittori cristiani, in Vitruvio e in iscrizioni di età augustea; è legato quindi al sermo vulgaris.


• genitivo con verbi di percezione: audio alicuius, su modello greco.


• genitivo con verbi di comando: anche qui c'è l'influsso del modello greco.


• si + interrogativa indiretta: il latino classico usava num, an, utrum, etc., il latino cristiano si con l'indicativo. Nella vetus: “Videmus si venit”. Il costrutto è presente anche in Plauto e si basa sull'uso greco di  congiunzione tanto condizionale, quanto interrogativa. San Gerolamo corregge questa forma e scrive: “Videmus an veniat”.


• ut consecutivo + infinito: ita ut sedere, corretto da Gerolamo in “ita ut sederet”.


• proposizione dipendente da verba dicendi: dico quod, dico quia, dico quoniam + verbo di modo finito: la costruzione è analitica. Il costrutto regolare analitico richiede il congiuntivo: in seguito si afferma l'indicativo. Il latino classico aveva dei casi in cui si poteva scegliere tra il costrutto infinitivo e quello analitico, con i verba sentiendi: laetor te vicisse o laetor quod vicisti. Il costrutto analitico risale a Plauto: “scio iam filius quod amet maeretricem” (Asinaria). Lo si trova anche nel Bellum Hispaniense: “legati renuntiaverunt quod haberet Pompeium in potestate”. S. Agostino nelle opere precedenti al battesimo, De vita beata e Contra academicos, usa poche volte questo costrutto: 1 volta su 55; in seguito l'adesione spirituale al cristianesimo influisce notevolmente sulle sue scelte linguistiche, mantenendosi sempre una distinzione stilistica fra opere di diverso genere (nelle Confessiones vi è 1 costrutto analitico su 11 infinitivi, nei Sermones il rapporto sale a 1:2).


• infinito finale: non introdotto da nulla; existis comprehendere me. Il latino classico avrebbe usato ut + congiuntivo o ad + gerundivo. L'uso del semplice infinito si estende anche a dignus: dignus laudari. Anche qui il modello è greco.


• genitivo assoluto: cogitantium omnium nella vetus, corretto nella vulgata in cogitantibus omnibus. In ambito pagano la forma è attestata nel Bellum Hispaniense.


• indicativo nelle interrogative indirette: nella bibbia: “Non legitis quid fecit David?”. Gerolamo corresse in fecerit.






3) Volgarismi






Derivano soprattutto dalla lingua arcaica e dal sermo vulgaris, le influenze esterne sono limitate.






• singolare collettivo: gentilis, ereticus, manichaeus, opus= opere di misericordia.


Nel latino era solitamente legato alle lingue speciali, per esempio al linguaggio militare.


• verba dicendi con ad + accusativo: al posto di dicere alicui si trova dicere ad aliquem. Potrebbe esserci influsso greco, ma in realtà il costrutto ha premesse autonome nel latino: è particolarmente frequente nel latino biblico dove l'indeclinabilità dei nomi ebraici avrebbe reso impossibile l'intelligenza del testo con il costrutto tradizionale. In una frase del tipo: “Abraham dicit Isaac” chi parla a chi?


• benedicere + accusativo: il costrutto deriva dal neologismo semasiologico del verbo.


In Petronio si trova già maledicere + accusativo.


• genitivo brachilogico: erit enim eius de cuius instrui concupisci. Manca doctrinis per ellissi intenzionale.


• nominativo e accusativo assoluto


• aggettivo al posto del genitivo: passio dominica per passio domini, apostolica verba, divina praecepta. Il costrutto è tipico della lingua popolare ma anche del linguaggio ricercato: lo troviamo in Apuleio e Lattanzio.


• pronome dimostativo con valore di articolo


• habere + infinito con valore di futuro: habeo dicere per dicam. In Cicerone habeo + infinito ha valore potenziale: habeo dicere= ho qualcosa da dire; in Seneca seniorquid habui facere equivale a quid facere.


• ablativo del gerundio al posto del participio: transit benefacendo et sanando.


• ut + infinito con valore finale: si trova nel giurista Gaio.


• utor e fungor con accusativo: anche in Plauto.










LESSICO






La lingua viene innovata attraverso l’adattamento di vocaboli greci od ebraici (prestiti), il cambiamento di significato di parole latine già esistenti sul modello delle parole greche od ebraiche corrispondenti (calchi), l’invenzione di parole nuove (neologismi)






a) Prestiti






Si tratta soprattutto di grecismi. Si erano già diffusi in età arcaica, nel periodo di Scipione, ma successivamente la lingua colta tese a evitarli, mentre il sermo familiaris continuò a coltivarli e diffonderli. I grecismi furono scelti dai cristiani per connotare entità concrete. Più rari gli ebraismi (attraverso il greco del Nuovo Testamento).






1) Grecismi


• agape, non indica il concetto astratto greco (per indicare “amore” si usò dilectio, neologismo lessicologico, o caritas, neologismo semantico), ma il “banchetto”


• anathema


• angelus preferito a nuntius, termine compromesso con la realtà pagana


• apostata in luogo di transfuga e transgressor, termini mancanti di specificità


• apostolus in luogo di missus


• baptisma


• catechumenus, invece di auditor


• clerus invece di ordo


• diaconus


• episcopus, invece di antistes


• evangelium


• martyr, in luogo di testis


• paradisus


• psalmus


• presbiter


• epifania è un prestito della seconda ora. S. Agostino usa anche manifestatio


• monacus


• monasterium


• orthodoxus






2) Ebraismi


• gheena “inferno”


• satanas


• pasca, gr. πάσχα










b) Calchi






1) Parole singole


• adversarius e advorsarius indica il diavolo


• benedicere diventa transitivo con il significato di “benedire”, “consacrare”, “invocare il favore divino” su qualcuno; di qui benedictio, gr. εὐλογία


• caritas “amore” in senso cristiano gr. ἀγάπη


• caro, carnis “carne” in contrapposizione allo spirito


• confiteor “confessare” il peccato (confiteor peccata). Confessio indicava anche il luogo del martirio. Confiteor acquista anche il significato di “lodare”


• consubstantialis, gr. ὁμοούσιος


• credo neologismo anche sintattico “credo in”


• creo “creare dal nulla”


• dominus “il Signore”


• fides da “credere in qualcosa” a “credere all'annuncio”


• gentes, gentiles da “popoli” a “pagani”. Anche il termine pagano possedeva un valore antitetico e peggiorativo: contrapposto al populus Romanus, le gentes erano i barbari. La stessa connotazione negativa rimane nel latino cristiano.


• gratia da “favore”, “comprensione” a “benevolenza di Dio”, “forza salvifica”. Al plurale, gratiae = “doni dello Spirito”.


• lavacrum da “bagno” a “battesimo”


• mundus indica la realtà terrena in contrapposizione al mondo dello Spirito


• oratio da “discorso” a “preghiera”. Il termine precatio era troppo compromesso con il culto pagano.


• paenitentia da “pentimento” finisce per indicare il sentimento di conversione interiore che porta a rifiutare il peccato. Significa anche “sacramento penitenziale” e “punizione”.


• paganus assume il significato di “non cristiano” già nel IV secolo


• passio “passione di Cristo”


• pax indica la pace fra stato e chiesa, fra Dio e gli uomini


• praedicatio, gr. κήρυγμα


• redimo, redemptio da “pagare il riscatto” a “riscattare dal peccato”


• egeneratio da regenero, gr. παλιγγένεσις


• esurrectio da resurgo, gr. ἀνάστασις


• evelare “togliere il velo alla verità divina” da cui il neologismo lessicologico revelatio


• evelatio da revelo, gr. ἀποκαλύπτω


• acramentum contrapposto al grecismo mysterium


• aeculum da “generazione” a “mondo profano”


• alus “salvezza” spirituale


• criptura “testo sacro”


• verbum e sermo vengono usati per rendere il greco λόγος, anche se ratio sarebbe stato il termine più consono. In area italica prevale verbum, altrove sermo. Tertulliano preferisce sermo; Cipriano, nelle sue opere, usa esclusivamente sermo, ma quando cita passi biblici trascrive verbum.






2) Nessi di due parole


• ignis aeternus indica il fuoco infernale


• catholica fides


• secunda nativitas “la rinascita” cristiana


• dies iudici “giorno del giudizio (universale)”; precedentemente (vedi Cicerone) indicava il giorno di discussione di una causa in tribunale


• Spiritus sanctus






c) Neologismi






Per i termini astratti non si ricorre al grecismo, ma si stimola il latino a produrre parole nuove. Comunque il greco fornisce sempre il modello.






• apostolatus neologismo creato sul modello greco con l'aggiunta del suffisso latino. Altri esempi: episcopatus, blasfemator.


• carnalis, carnalitas, carnaliter. Sul modello di σαρκικός da σάρξ


• incarnor, incarnatio


• dilectio da diligo nel senso di “amare” cristianamente


• peccator


• salvator autonomo nei confronti di servator


• spiritualis da spiritus, sul modello del greco πνευματικός da πνεῦμα

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