quinta-feira, 17 de maio de 2012

STUDIARE LATINO (E GRECO)

Tempio di Saturno - Foro Romano

Prof. Manlio SODI, sdb
Preside del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis

Di tanto in tanto suimedia appaiono notizie di vario genere che richiamano l’attenzione su una lingua che si dice essere "morta" ma che dalla discussione e dall’uso si presenta più viva che mai. Si parla naturalmente del latino e del greco, anche se il latino riscuote la maggior attenzione. Proviamo a focalizzare alcune sfide che si pongono dinanzi alla competenza e alla responsabilità di professori e formatori. Il ricorso ad interrogativi può costituire non solo la premessa per un ascolto, ma anche l’inizio di un confronto per educare ad accostare il latino e il greco come le lingue che permettono di cogliere il linguaggio e i contenuti della Tradizione.



1. Perché è importante studiare il latino? Non si può vivere staccati dalla cultura in cui si è nati e si è sviluppato un insieme di elementi che fanno della persona la sua essenza. E la lingua è un elemento determinante di questa realtà. Osservando le lingue "neo-latine" non possiamo trascurare l’origine "latina", appunto, di un certo nostro modo di parlare.
Ma questo sarebbe di poco conto se dimenticassimo che la maggior parte del patrimonio culturale dell’antichità – sviluppatosi attorno al bacino del Mediterraneo – è giunto fino a noi in lingua latina e greca.
Conoscere il latino, pertanto, costituisce la chiave per poter accedere a questo immenso patrimonio cui guardano con interesse anche popoli lontani dall’ambito geoculturale europeo, affascinati da una lingua che racchiude tesori di cultura che inondano l’umanità ma solo attraverso le traduzioni.



2. Da dove nasce l’interesse per la lingua latina in nazioni come la Cina e gli Stati Uniti?
Desta sorpresa conoscere l’interesse per il latino anche da parte di popoli e culture molto distanti da quella latina. Dalla Cina agli Stati Uniti, passando dai Paesi anglofoni per giungere in Finlandia dove esiste anche una radio che trasmette in lingua latina… rimaniamo davvero sorpresi. Al di là dell’evento "notizia", l’interesse per il latino è il frutto della scoperta di valori culturali che la Cina, per esempio, aveva già fatto quattro secoli fa con la presenza dei Gesuiti, e con Matteo Ricci in particolare. Per il mondo di lingua inglese poi l’attenzione è ancora più comprensibile dato che sembra essere la lingua con
maggiori etimologie latine. Tutto questo interesse costituisce uno stimolo enorme per saper riscoprire e approfondire una lingua che è anzitutto portatrice di una cultura complessa e quanto mai articolata, e i cui elementi spaziano in un arco di quasi tre millenni!
3. È possibile che il latino rinasca come lingua ufficiale della Chiesa?
Di per sé non ha bisogno di rinascere, perché il latino non è mai venuto meno nella Chiesa. Lo testimoniano tutti i documenti ufficiali, e il suo costante uso nel linguaggio canonico, ecclesiastico e soprattutto liturgico.
Fu Giovanni XXIII – che nel 1962 firmò la Costituzione apostolica
Veterum Sapientia – a rilanciare questa attenzione. Successivamente, nel 1964, sarà Paolo VI con il "motu proprio" Studia Latinitatis a istituire il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis per preparare docenti ed esperti in lingue classiche per i Seminari, per le Facoltà e per tutte quelle Istituzioni che hanno bisogno di esperti anche per "decifrare" i tesori di cultura che sono spesso racchiusi nella storia delle singole Chiese locali, nei documenti, nelle epigrafi, nei musei, ecc.
Recentemente Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis ha richiamato l’attenzione da dare al latino. È una responsabilità culturale enorme quella che risiede nella Chiesa "latina", soprattutto in considerazione del fatto che i suoi documenti ufficiali sono emanati in questa lingua, ed è codificata in lingua latina la sua liturgia ufficiale.
4. Quali le ragioni che spingono a rendere viva una lingua parlata da pochi?
Sono i fatti che scandiscono il richiamo a rendere sempre viva la lingua latina nella Chiesa "latina". Cultura, storia, tradizione sono parole che rinviano anche all’arte e alla musica, ma rinviano pure ad un’ampia serie di documenti la cui non conoscenza è un impoverimento grave per l’oggi e per il domani.
L’ambito liturgico, inoltre, costituisce l’
humus più ordinario per invitare a conoscere il latino e per valorizzarlo in alcune parti della celebrazione. Al di là di alcune celebrazioni in latino che ogni domenica non dovrebbero mai mancare almeno nelle cattedrali, rimane l’opportunità di canti tradizionali dell’Ordinarium Missae, ma anche inni e altri testi tipici dell’anno liturgico. E senza dimenticare tutto il capitolo delle antifone, non solo mariane, che costellano i ritmi cultuali della vita cristiana. Non ultimo il capitolo della pietà popolare in cui testi latini continuano a trasmettere alle giovani generazioni contenuti che la catechesi può recuperare.
Non si tratta dunque di tornare ad una liturgia tutta e sempre in latino, ma di saper valorizzare elementi conosciuti dal popolo e tenerli vivi anche in ragione dei tanti fedeli che si muovono da una nazione all’altra e che in questi testi possono ritrovare momenti di partecipazione più intensa perché espressione ed eco di quanto già posseggono nella propria cultura.
5. Tante domande, ma quale risposta?
Qual è la situazione di conoscenza e pratica del latino nella Chiesa? I seminaristi studiano il latino? Come fare per coloro che non hanno studiato il latino nei decenni passati? Come si fa a rinnovare e sviluppare lo studio del latino nelle Università pontificie e nelle Facoltà filosofiche e teologiche di tutto il mondo?
Domande impegnative quelle che sono poste. Domande che toccano però la radice del problema del latino nella Chiesa e nella cultura oggi. Al di là del fatto che certe nazioni hanno operato scelte imprudenti e avventate in tempi recenti abolendo lo studio del latino – salvo ripensamenti che di tanto in tanto riemergono –, restano i problemi sollevati dagli interrogativi.
Nella Chiesa cattolica abbiamo situazioni diversificate secondo le Istituzioni più o meno attente nel porre lo studio del latino e del greco nella propria
ratio studiorum quasi fin dagli inizi del percorso formativo. Non si può aspettare il percorso filosofico o peggio ancora quello teologico per iniziare lo studio; l’impegno va posto fin dall’inizio di un percorso formativo, cominciando proprio con i testi usati nell’Ordinario della Messa, per esempio.
Il recupero del tempo passato non può mai avvenire se non in modo serio. Certe radici vanno poste nel curriculum formativo iniziale. Ma non bisogna scoraggiarsi; anzi si può riprendere con impegno un certo cammino anche in seguito. Importante però è adottare un metodo di apprendimento che risponda a nuove istanze; e oggi abbiamo a disposizione metodologie tali che fanno davvero miracoli. In una Istituzione romana, il Vivarium novum, ho incontrato giovani che dopo otto mesi parlavano latino…anche durante il pranzo!
Rinnovare e sviluppare lo studio del latino è una delle tante sfide che si pongono oggi alle Facoltà. Siamo sollecitati, tra l’altro, dai tanti certamina che si organizzano da parte di licei, e per contrasto non si conosce il latino proprio da chi deve intraprendere la teologia! Credo che la soluzione più ovvia sia quella di un percorso intenso di lingua latina durante lo studio della filosofia, e quando questo manca, almeno di un intero anno di queste lingue prima di iniziare la teologia e la specializzazione ulteriore. All’inizio può sembrare arduo e forse senza senso, ma con il tempo ciò comporta conseguenze formative e culturali di qualità.  L’attuale sbandamento etico e culturale esige un recupero dell’umanesimo cristiano, espresso in lingua latina (e greca, nei primi secoli). Non è questione di esplorazione del passato, ma di protezione del futuro!
La Chiesa fiorisce in paesi e continenti "giovani" per quanto riguarda la diffusione del Cristianesimo (si pensi all’America "Latina"). Queste Chiese e i loro pastori possono trarre grande beneficio dall’ancoraggio alla tradizione umanistico-cristiana delle Chiese di antica tradizione cristiana.
L’istruzione
Universae Ecclesiae, per quanto concernente l’uso della forma straordinaria del rito romano, menziona la conoscenza del latino come conditio sine qua non da parte dei presbiteri che celebrano in questa forma, ma anche dei fedeli che intendono comprendere ciò che si celebra!

6. Quali le attività e le iniziative del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis?
L’Institutum voluto da Paolo VI e affidato all’Università Salesiana svolge essenzialmente quattro missioni:
 – La prima è quella di formare docenti ed esperti di Lettere cristiane e classiche. Per questo è attivo un percorso di cinque anni (3+2) per giungere alla Licenza o Laurea. Può seguire il tempo della ricerca specifica tipica del dottorato. È questo l’impegno più oneroso che coinvolge la competenza di numerosi docenti e il dialogo con altre Istituzioni in cui si praticano tali studi. I frutti sono notevoli.
 – La seconda è quella delle pubblicazioni. La nuova collana edita dalla LAS ha come titolo: Veterum et Coaevorum Sapientia, e ha l’obiettivo di pubblicare opere e manuali di docenti ma anche i migliori lavori di dottorato.
 – La terza è quella dei Simposi. Ogni anno attorno al 22 febbraio, anniversario della fondazione dell’Institutum, si celebra un convegno attorno ad un tema che va trattato osservando la tradizione classica e cristiana. Il tema del sacerdozio è stato il primo; successivamente è stato trattato il tema del magister-discipulus…Il 23 febbraio 2012 il convegno è stato determinato dal 50° della Veterum Sapientia. Sono queste occasioni di incontro e di confronto che permettono di cogliere i valori di una traditio che continua a interpellare le menti libere da precomprensioni nei confronti di una lingua che risulta più viva che mai.
 – La quarta riguarda corsi particolari di lingua. Si tratta dei corsi intensivi che si svolgono durante l’estate (nel 2012 dal 27 agosto al 28 settembre) per la lingua italiana, latina e greca. Corsi aperti a chiunque desideri approfittare dell’offerta formativa sia in vista del lavoro, sia come preparazione per affrontare il nuovo anno accademico. Ma ci sono poi anche i corsi durante l’anno: oltre al latino e al greco, si offrono quelli di francese, inglese, spagnolo e tedesco per tutti coloro che desiderano approfittarne.



7. In quale misura tutto questo rientra anche nella tradizione salesiana?
A partire dall’esempio di san Giovanni Bosco, molti dei primi Salesiani sono stati eccellenti cultori del patrimonio classico.
Pubblicazioni di vario genere e di alto livello sono state alla base di una formazione umanistica che ha fecondato numerose generazioni di studenti. Si pensi agli innumerevoli testi e sussidi pubblicati dalla SEI (Società Editrice Internazionale), alla rivista
Gymnasium, alla Corona Patrum Salesiana, voluta da Don Pietro Ricaldone (IV successore di san Giovanni Bosco e fondatore di quella che poi sarà l’Università Salesiana).
 Ma prima ancora si pensi ai numerosi teatri scritti in latino per contribuire – anche in questa forma – alla conoscenza della cultura classica.
Exempla praeterita trahunt etiam hodie et praesertim cras!

Per ogni informazione:
www.latinitas.unisal.it